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Gente di calcio

Storie, ministorie e controstorie dei rimbalzi del pallone

Quando l'Atletico Madrid mise la divisa per vincere

L'Athletic Aviacion campione di Spagna 1940/41: Tabales, Mesa, Aparicio, Campos, Elicegui, Arencibia, German, Gabilondo, Vazquez, Enrique, Machin
L'Athletic Aviacion campione di Spagna 1940/41: Tabales, Mesa, Aparicio, Campos, Elicegui, Arencibia, German, Gabilondo, Vazquez, Enrique, Machin

Raramente in Spagna qualcuno è riuscito a scalfire l'alternanza Real-Barça al comando della Liga. Al terzo posto nell'albo d'oro c'è l'Atletico Madrid con 10 titoli: ma per rompere il ghiaccio la seconda squadra della capitale, fondata nel 1903 da studenti baschi tifosi del Bilbao, ha dovuto... indossare la divisa e fare una sorta di patto col diavolo.

Le squadre militari sono state un patrimonio - sportivo e di propaganda - dei Paesi del blocco sovietico: con la caduta del Muro questi club si sono riconvertiti al civile, tagliando cordoni ombelicali ormai fuori tempo e spesso imbarazzanti, mantenendo il nome ma cambiando assetto e rifacendosi una verginità. Qualcosa del genere è accaduto anche altrove. Il caso più interessante e particolare si è verificato nella Spagna franchista durante e dopo la guerra civile.

Nell'estate del 1937 il capitano Trujillo, il tenente Gonzalez Conlicosa e l'alfiere Salamanca, grandi appassionati di calcio, comandanti della 35a unità dell'aeronautica spagnola di stanza a Salamanca, creano una squadra di soldati con scopi puramente ludici e benefici. Nessun tesseramento né affiliazione ufficiali, solo partite di esibizione a sfondo patriottico. La nuova realtà si chiama Club Aviacion Nacional e ha la divisa completamente blu.

L'anno seguente l'intero 35° reggimento viene dislocato a Saragozza: la squadra partecipa al campionato regionale d'Aragona 1938/39 e lo vince, qualificandosi per le eliminatorie della Coppa del Generalissimo, in cui si issa fino ai quarti di finale, dove perde col Siviglia. Con la cessazione del conflitto civile l'ultimo trasloco, a Madrid, sancito dall'amichevole con l'Alaves giocata il 2 maggio 1939 nello stadio del quartiere proletario di Vallecas, oggi sede del Rayo Vallecano. La crescita è evidente e solletica le ambizioni dei comandanti: nella Spagna dominata dalla dittatura una realtà con quelle entrature può entrare nella Primera Division dalla porta principale, senza dover scalare le categorie inferiori come toccherebbe ai comuni mortali.

La strada più breve è rilevare un club. Le autorità militari puntano subito al top, tentando addirittura di appropriarsi del più prestigioso: il Real Madrid caro pure a Francisco Franco. Le condizioni poste nella trattativa paiono esagerate ai gerenti della Casa Blanca: la società frutto della fusione dovrebbe ereditare nome, simbolo e colori sociali dell'Aviacion, che esprimerebbe pure il presidente e metà della dirigenza. Decisamente troppo: il tavolo infatti salta.

Nelle more del balbettante dialogo tra Aviacion e Madrid s'inseriscono le altre due maggiori realtà della capitale, l'Athletic e il Nacional. I dirigenti dell'Athletic, in particolare, vivono una situazione drammatica: senza soldi, senza stadio (il Metropolitano è stato distrutto dalle bombe), quasi senza giocatori, per giunta costretti a ripartire dalla Segunda Division poiché l'ultimo campionato prima dello stop per la guerra civile, nel 1935/36, si è concluso con la retrocessione.

Allearsi coi militari deve sembrare loro l'unica chance per sopravvivere dignitosamente in attesa di tempi migliori. L'alchimia vincente è presto fatta: Club Aviacion Nacional e Athletic de Madrid si fondono e nasce l'Athletic Aviacion. L'accordo, firmato il 4 ottobre 1939, prevede che il presidente sia un militare e il vice un civile, che rimangano statuto e colori sociali dell'Athletic, che i rispettivi simboli convivano nello stemma ufficiale (semplicemente... mettendo le ali dell'Aviacion allo scudo dell'Athletic), che vi sia parità di diritti tra i soci in divisa e in borghese.

Quanto alla categoria, la rinuncia dell'Oviedo - che chiede un anno di pausa per ricostruirsi lo stadio - libera l'agognato posto nella Primera Division: per assegnarlo la federcalcio iberica dispone uno spareggio tra l'Osasuna di Pamplona (l'altra retrocessa del '36) e il neonato Athletic Aviacion. Si gioca a Valencia il 26 novembre: nel Mestalla stracolmo vincono in rimonta i militari (3-1), fisicamente superiori, con doppietta di Enrique e sigillo di Vazquez.

La squadra con cui l'Athletic Aviacion esordisce nel massimo campionato spagnolo è quasi interamente costituita da membri - militari di carriera e non - dell'Aeronautica, che percepiscono un salario maggiorato e vanno in trasferta col torpedone dell'esercito. Li allena un grande di Spagna, Ricardo Zamora, el Divino, leggendario portiere catalano che ha appena smesso di giocare in esilio a Nizza. Pochi i veri professionisti del pallone: alcuni reduci dalla precedente gestione autonoma dell'Athletic, altri prelevati forzosamente da club concorrenti approfittando della chiamata alle armi per la guerra civile e della successiva caotica transizione. Non tutte le squadre scippate la prendono bene, ma gli aviatori devono sfoderare argomenti assai convincenti, perché riescono regolarmente a portare a casa chi vogliono.

Dopo tre anni di sospensione dell'attività di vertice - sostituita da campionati regionali che sfociano in un girone finale - il campionato 1939/40, con sole 12 squadre, non ha una favorita: tra le forze in campo non vi sono termini di paragone recenti e credibili. L'unica indicazione è la competitività del Siviglia, che nel '39 ha dominato il torneo-surrogato, aggiudicandosi la prima edizione della Coppa del Generalissimo.

Clamorosamente, gli ultimi arrivati fanno saltare il banco. L'Athletic Aviacion, che per le partite interne è costretto a chiedere ospitalità ai cugini del Madrid nello stadio di Chamartin, conquista per un punto lo scudetto ai danni proprio del Siviglia. Altre squadre rubano di più l'occhio, ma i rojiblancos hanno la miglior difesa e in casa fanno 21 punti su 22. Battono due volte il Barcellona e vincono il primo derby col Real sotto gli occhi dei gerarchi del regime: un 2-1 firmato da Enrique direttamente su corner e da Arencibia a 8' dalla fine, in netto fuorigioco non fischiato. Episodio per cui i blancos schiumano rabbia: rispetto a oggi, un mondo capovolto.

Il campionato non ha un padrone: al comando si alternano varie squadre. L'Espanol guida al giro di boa, ma rientrando da una trasferta mezza squadra resta ferita in un incidente stradale, la federazione nega il posticipo delle successive gare e i catalani, decimati, crollano. Alla quint'ultima giornata l'Athletic Aviacion batte 4-2 il Siviglia e lo sorpassa in vetta.

Tutto si decide in un finale thrilling. Alla penultima giornata l'Athletic Aviacion cade inopinatamente a Vigo col pericolante Celta (1-0) e viene agganciato a quota 27 dal Siviglia, che in caso di parità festeggerebbe per la miglior differenza reti. Si arriva così al drammatico epilogo del 28 aprile 1940: per l'ultima partita in casa col Valencia, e per la sperata festa, l'Athletic Aviacion abbandona Chamartin e torna nello stadio di Vallecas, nel frattempo ristrutturato. In contemporanea, il Siviglia è di scena ad Alicante con l'Hercules. Valencia ed Hercules sono rivali sulla carta comodi, senza più traguardi.

Gli aviatori tengono fede al pronostico: una giocata di Campos e un contropiede di Gabilondo finalizzato da Elicegui valgono il 2-0. Nello stadio ribollente si attendono notizie da Alicante, dove le emozioni non danno tregua: nel primo tempo l'Hercules va due volte in vantaggio e due volte viene raggiunto; nella ripresa gli andalusi segnano il 3-2 che varrebbe il titolo, ma al 74' Vilanova pareggia. Nell'ultimo quarto d'ora il Siviglia assedia l'area alicantina, imbattendosi nella giornata di grazia del portiere Perez. Finisce 3-3 e lo scudetto va a Madrid: quando la notizia giunge a Vallecas il boato è fragoroso. L'8 maggio il ministro dello Sport Moscardo consegna a capitan Mesa la coppa.

La formazione tipo ha punti di forza che restano negli annali. Nello spogliatoio comanda il clan dei canarini: ragazzi provenienti dalle isole Canarie che abbinano all'amicizia reciproca un talento notevole. Pancho Arencibia, nato a Cuba, è stato acquistato dal Tenerife nel 1935 per 150mila pesetas e uno stipendio mensile di 1.500 pesetas: detto il divino calvo, col suo senso tattico e la propensione all'assist oggi sarebbe un gran trequartista. A fine carriera tornerà a Las Palmas e - tenendo fede al destino di aviatore - lavorerà nel locale aeroporto. L'interno sinistro Paco Campos approda all'Athletic Aviacion perché arruolato durante la guerra: è un po' un Garrincha che dal fisico minuto e dai movimenti apparentemente scoordinati distilla perle di tecnica sopraffina. Segna e sforna assist in quantità industriale, diventa un top player della Liga anni '40. Il terzino e capitano José Mesa, giunto a Madrid nel '34, è una forza della natura: potente, con gran senso della posizione, preciso nei rilanci, all'occorrenza ottimo tiratore dalla distanza.

Il 20enne difensore Aparicio, cantabrico di Santander, arriva giusto nel '39 e diventerà una bandiera dell'Atletico, come giocatore e poi dirigente. Il centrocampo è una filastrocca: Gabilondo-German-Machin. Il mediano Ramon Gabilondo, che alterna il football alla professione di medico, è arrivato nel '34 dal Valladolid. German Gomez, nativo di Santander, grandissime tecnica e visione di gioco, ha già conosciuto la Primera ed è stato in Francia col Tolosa: arruolato nell'aviazione, viene cooptato nell'Athletic nonostante le proteste del Racing Santander, titolare del cartellino. Stesso iter per il 22enne interno mancino Machin, anch'egli originario delle Canarie.

All'ala due galiziani mortiferi, Vazquez ed Enrique. A destra Juanito Vazquez, detto la Freccia Ferrolana, il più forte tra i giocatori travasati dall'Aviacion Nacional: velocità, piede educato e precisione nei cross ne fanno un titolarissimo. A sinistra Enrique Rubio, per tutti semplicemente Enrique: colpi da grande, specie sui calci piazzati, e fiuto del gol sopraffino. Il centravanti navarro Julio Elicegui è il giocatore di maggior anzianità rojiblanca, essendo arrivato nel '33: a trent'anni è ormai in parabola discendente, diventa l'allenatore in campo dell'amico ed ex compagno di nazionale Zamora.

Non è un fuoco di paglia: l'anno seguente l'Athletic Aviacion concede il bis. La squadra tipo cambia pochissimo, giusto due pedine. Elicegui saluta e va al Deportivo La Coruna per 25mila pesetas: al suo posto Zamora chiama Pruden, un giovane del Salamanca visto nel campionato castigliano dell'anno prima. Pruden ripaga la fiducia rivelandosi un castigamatti: si laurea pichichi con la bellezza di 30 gol, cifra mai raggiunta prima nel campionato spagnolo. Ma balla una sola stagione, perché poi non trova l'accordo per il rinnovo: diventerà una stella del Real. All'ala Manin - prelevato dal Santander - ruba il posto a Enrique.

Gli aviatori, favoriti della vigilia, cambiano pelle: meno sparagnini e finalmente spettacolari, segnano ben 70 gol (miglior attacco) e, dopo aver girato a un punto dal Siviglia, lo sorpassano alla prima di ritorno. Nella fase discendente i colchoneros cambiano marcia, ottenendo 8 vittorie e 3 pareggi. Proprio in questo periodo Franco - scopertosi simpatizzante del club militare - vara una legge che impone l'ispanizzazione dei nomi nel Paese: dal gennaio 1941 l'Athletic Aviacion si chiama Atletico Aviacion.

Il Siviglia alla lunga molla e la rivalità stagionale è col Bilbao, icona dell'irredentismo basco che, a sua volta in stato di grazia, aggancia in testa l'Atletico a quattro turni dalla fine. Anche in questo caso tutto si decide all'ultimo round, il 2 marzo 1941: i colchoneros hanno il destino in mano, poiché la differenza reti è ampiamente favorevole, e gli basta battere l'Oviedo a Vallecas (3-0) per trionfare senza badare al risultato dei baschi. Il Bilbao comunque perde 1-0 a Barcellona e chiude due punti sotto.

L'Atletico Aviacion durante la Seconda guerra mondiale - in cui la Spagna rimane neutrale e isolata, pur tifando Franco per gli amici nazifascisti Hitler e Mussolini - è ambasciatore del regime e disputa discutibili partite amichevoli con le selezioni dell'Aviazione italiana e della Luftwaffe tedesca, esibendo in quelle circostanze plateali saluti fascisti alla folla. Toglierà la divisa nel 1947, quando tornerà a chiamarsi semplicemente Atletico Madrid, collezionerà altri piazzamenti e per vincere il terzo scudetto dovrà aspettare il 1950. Ma l'intuizione dei dirigenti che fecero il compromesso è stata felice, perché ha garantito continuità e titoli a una storia che stava per interrompersi.

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