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Gente di calcio

Storie, ministorie e controstorie dei rimbalzi del pallone

Real Sociedad, lo scudetto a 18 secondi dal gong

Lo storico gol di Jesus Mari Zamora che regala alla Real Sociedad il primo scudetto della sua storia
Lo storico gol di Jesus Mari Zamora che regala alla Real Sociedad il primo scudetto della sua storia

Lo scudetto all'ultimo minuto del campionato: il modo più bello (e faticoso) per vincerlo, il modo più brutto per perderlo. Un evento particolare, certo, però meno raro di quanto si creda nel calcio moderno. Tra gli sprint più drammatici della storia quello consumato in Spagna il 26 aprile 1981.

Quell'annata è un carosello di outsider, cosa rara nella Liga storicamente spartita tra Real e Barça. In testa si alternano Saragozza, Atletico Madrid e Real Sociedad, le inseguono da vicinissimo Real Madrid, Barcellona e Valencia. Un equilibrio pazzesco. I primi a mollare sono gli aragonesi, tasso tecnico mediocre e scarsa abitudine allo stress d'alta classifica; poi il rapimento di Quini frena il Barça in rimonta. A quattro turni dalla fine la Real Sociedad aggancia in vetta l'Atletico, poi lo stacca. Il club di San Sebastian, in settant'anni di storia, non ha mai vinto il titolo. Ma si giova di una generazione felice e ci è andato vicinissimo l'anno prima, quando gli è stata fatale l'inopinata sconfitta di Siviglia al penultimo turno: un inciampo che ha propiziato il sorpasso decisivo del Real Madrid.

I baschi hanno tre fattori dalla loro. Il primo: la spina dorsale formata dal formidabile portiere Luis Arkonada, acclarato erede anche in nazionale del grande Iribar, dal cervello Periko Alonso, padre di Xabi Alonso, dal centrocampista offensivo Jesus Mari Zamora, uno che vede la porta come pochi, e dal centravanti Jesus Satrustegui, bomber possente e concreto. Il secondo: mister Alberto Ormaetxea, autentica bandiera che conosce l'ambiente come le sue tasche, avendovi trascorso l'intera carriera sia da giocatore che da allenatore. Il terzo: l'Atocha, stadiolo piccolo e caldissimo, dove la gente soffia sui giocatori in campo e i biancoblù difficilmente mollano qualcosa. L'Atocha è un autentico fattore: in casa, in quel campionato, 13 vittorie, 3 pareggi e una sola sconfitta. Il tutto condito con la voglia di riscatto per la cocente delusione del 1980 e con il proverbiale orgoglio della gente basca: la Real Sociedad è un po' meno autarchica dell'Athletic Bilbao, ammette i giocatori non baschi, però il post-franchismo ha rilanciato le istanze localiste. Mentre il Paese fa i conti con il terrorismo dell'Eta, il calcio diventa un ottimo veicolo di onesta rivendicazione territoriale.

Alla vigilia dell'ultima partita la classifica dice Real Sociedad 44 punti, Real Madrid 43. Il 26 aprile i baschi giocano a Gijon con lo Sporting, le merengues sono a Valladolid. Entrambe hanno avversari senza più obiettivi. Il regolamento dice che in caso di parità valgono gli scontri diretti, favorevoli alla Real Sociedad (vittoria 3-1 all'Atocha, sconfitta 0-1 al Bernabeu): quindi, basta un punto per riscrivere la storia. Il resto della Spagna calcistica, neutrale, osserva con simpatia le gesta della squadra di Ormaetxea: chi non tifa il Real, quel giorno tifa la Real.

Al Molinon si comincia col sole, poi arriva la pioggia: dapprima scrosci, poi la bufera atlantica tipica della costa settentrionale della penisola iberica. Una metafora del pomeriggio dei baschi: vanno subito avanti con Kortabarria su rigore solare, poi - tra l'ultimo minuto del primo tempo e il primo della ripresa - due zampate di Mesa ribaltano il punteggio e gelano i diecimila tifosi biancoblù che hanno invaso la capitale asturiana. Intanto il Real Madrid, non senza qualche difficoltà, regola 3-1 il Valladolid grazie ai mammasantissima Santillana (doppietta) e Stielike. Si profila un'altra clamorosa delusione in extremis.

Il secondo tempo per i baschi è un infinito vorrei ma non posso: sbilanciati, rabbiosi, poco lucidi, sfavoriti dal terreno melmoso, vanno più vicini a beccare il terzo che a fare il secondo. Li salvano le parate di Arkonada e la fede incrollabile. Gli ultimi minuti sono il più classico "tutti su e palla nel mucchio", ma non se ne cava alcunché. A Valladolid finisce l'altra partita, i giocatori del Real sanno del 2-1 dei rivali e si abbracciano in campo: sentono in tasca il sesto titolo consecutivo, Juanito è il più incontenibile.

Al Molinon è tempo dell'ultima preghiera basca. Mancano 30 secondi al 90' quando Olaizola imbecca Periko Alonso in posizione di mezzo sinistro, chiedendogli l'ennesimo cross dalla trequarti; la palla spiove e il portiere Castro in uscita alta allontana di pugno; al limite è appostato Gorriz, che controlla in qualche modo e fa filtrare mollemente in area; qui, nella ressa di gente appesantita e sfigurata dal fango, Jesus Maria Zamora, professione centrocampista, segni particolari baffi da film western, si trova il giocattolo tra i piedi. Per magia ha un metro libero: si gira, alza la testa e forse chiude gli occhi, mentre all'altezza del dischetto sferra l'ultimo tiro raccogliendo le poche forze che gli restano. Castro è ben piazzato, la palla è indirizzata al palo lontano: l'estremo asturiano la sfiora, un po' di piede e un po' di corpo, la fa impennare, ma non abbastanza per toglierla dalla porta. Mancano 18 secondi allo scadere quando s'insacca sotto la traversa.

I giocatori della Real Sociedad restano lì un attimo, basiti, come se neppure loro se l'aspettassero più. Poi esplode la festa, con Zamora che si arrampica alle reti della curva amica e i compagni che lo sommergono. L'"incredibile signori" ripetuto in loop dal radiocronista Josean Alkorta riassume lo stato d'animo di tutti. Copioni scambiati: disperazione madridista a Valladolid, dove sul tabellone degli altri risultati cambia l'unico che nessuno vorrebbe cambiare, e follia a Gijon, dove c'è appena il tempo per ribattere da centrocampo prima che l'arbitro Enriquez Negreira fischi la fine. Stavolta la beffa è servita, non subita. Vujadin Boskov, allenatore del Real Madrid, a caldo riconosce il giusto verdetto: "Se lo sono meritato".

La Real Sociedad non è una meteora. L'anno seguente riconquista la Liga, lasciando solo due punti per strada all'inespugnabile Atocha, e si issa fino alla semifinale di Coppa dei Campioni, dove viene eliminato dall'Amburgo con un gol in fuorigioco a 7' dalla fine.

Guarda la sintesi di Sporting Gijon-Real Sociedad

Guarda il drammatico finale di Sporting Gijon-Real Sociedad nella telecronaca originale della Tve

Guarda le sintesi incrociate delle partite di Gijon e Valladolid

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