Storie, ministorie e controstorie dei rimbalzi del pallone
28 Settembre 2016
Introdotto dai colonialisti britannici, il calcio a Cipro è rimasto dilettantistico fino a metà degli anni '90. E ha patito tutte le convulse vicende politiche di un Paese che, dopo l'indipendenza del 1959, ha conosciuto continue frizioni tra le etnie greca e turca. Al punto che, a seguito dell'invasione del nord dell'isola da parte dell'esercito di Ankara (1974), con conseguente autoproclamazione di una repubblica turco-cipriota non riconosciuta dalla comunità internazionale, i club della zona secessionista si sono ritirati dalla federcalcio nazionale.
Scudettati in viaggio premio. Se la Turchia reclama una priorità fondata sui tre secoli di dominazione ottomana (1571-1878), sono fortissimi i legami con la Grecia. Anche calcistici: al punto che tra il 1967 e il 1974 la squadra campione di Cipro venne esentata dalla difesa del titolo in patria e ammessa a disputare la serie A ellenica. Il cui livello non era granché, ma bastava a mettere in grave imbarazzo le migliori espressioni della cenerentola cipriota. Il sistema era così congegnato: le ultime tre retrocedevano in seconda divisione, ma se una di queste era cipriota cadeva giù anche la quart'ultima, mentre la cipriota tornava semplicemente "a casa", sostituita dai nuovi campioni nazionali.
All'Alpha Ethniki - così si chiamava la massima divisione - parteciparono così in quegli anni Olympiakos Nicosia (tre volte), Ael Limassol, Epa Larnaca, Apoel Nicosia e Omonia Nicosia. Ellenizzarono tutte il nome per l'occasione, e arrivarono tutte ultima o penultima, spesso con ruolini da brividi. Il peggior bottino? Due vittorie, un pari e 31 sconfitte dell'Ael nella stagione 1968/69, con l'aggravante del record di gol subiti, ben 125. E non mancarono gli inciampi disciplinari, pur in un contesto tradizionalmente caldo come quello del campionato greco: furono diverse le partite sospese per incidenti a Cipro, con annesse sconfitte a tavolino e penalizzazioni in classifica per le squadre di casa coinvolte.
Lo zenit. La sola cipriota a farsi strada fu l'Apoel, che nella sua unica esperienza onorò le origini greche del sodalizio, centrando un risultato sensazionale nell'annata 1973/74. Fece pesare il fattore campo, ottenendo in casa tutte le 11 vittorie e due dei 5 pareggi, tra cui il prestigiosissimo 2-2 col grande Panathinaikos, finalista di Coppa Campioni solo due stagioni prima. I gialloblù di Nicosia batterono tutte le squadre che alla fine avrebbero visto dall'alto in basso in classifica, legittimando la permanenza. Chiusero il torneo con gli stessi punti, 27, delle grecissime Olympiakos Volos e Panserraikos Serres, che dovette affrontare nei playout per la permanenza in prima divisione.
Spareggi disputati a Egaleo e vinti dall'Apoel senza troppi patemi: il 5-1 inflitto ai macedoni consentì ai ciprioti di gestire la differenza reti nell'ultimo match, perso di misura coi tessali (1-2). Retrocedette il Volos. L'eroe della salvezza fu il 30enne bomber e capitano Andreas Stylianou, autore di 12 dei 39 gol della felice campagna di Grecia: costui era una bandiera, anzi un'icona, due volte capocannoniere del campionato e due volte giocatore dell'anno a Cipro, nonché 37 volte nazionale.
Quell'Apoel non aveva chissà quali segreti inconfessabili, né era una corazzata. Anzi, veniva da stagioni deludenti: dal 1972 l'allenava il greco di origine jugoslava Panos Markovic, che appena arrivato, in calce a un modesto settimo posto che prolungava l'astinenza di trofei (l'ultimo scudetto risaliva al 1965), promise che avrebbe riportato l'ambiente ai vertici. Detto fatto: la "brigata Markovic", come venne ribattezzata da tifosi e giornalisti, il primo anno fece il double (scudetto e coppa) in patria e il secondo disegnò un capolavoro mai visto, sconfinando con successo in Grecia. Un'avventura che fece dimenticare in fretta la deludente eliminazione al primo turno della Coppa dei Campioni per mano dei modesti sovietici dello Zarja Voroshilovgrad, non esattamente una big d'Europa.
L'invasione della politica. L'Apoel entrò nella storia dalla porta principale, guadagnando il diritto a giocare l'Alpha Ethniki e anche la Coppa di Grecia nella stagione 1974/75. Invece l'esperienza estera dei ciprioti si fermò sul più bello, proprio nel punto più alto. L'estate del 1974 cambiò drasticamente lo scenario: il 15 luglio ci fu il colpo di stato militare a Cipro, il 20 luglio l'esercito turco iniziò l'occupazione armata del settentrione del Paese. Vicende che imposero a tutti un drastico ripensamento. La politica vinse sullo sport: in quel contesto drammatico non era possibile per le formazioni elleniche recarsi a Cipro senza correre grossi rischi.
L'Apoel rimase così l'ultima squadra cipriota a cimentarsi col campionato greco: e visse in maniera sommamente paradossale la stagione 1974/75, quando si trovò negli inattesi panni dell'intruso pure in patria, poiché la sua presenza nel campionato cipriota di prima divisione non era prevista.
Il campionato fantasma. Venne fatto partecipare in extremis, e solo come ospite, quindi i suoi risultati non facevano classifica: una squadra fantasma, né più né meno. Che però era talmente forte da "vincere" uno scudetto del quale ufficialmente si fregiò l'Omonia, giunta seconda a tre punti (45 contro 48). Ci vollero altre due annate perché la serie A di Cipro ritrovasse la piena normalità.
Postilla: per l'Apoel, oggi il club più blasonato di Cipro con i suoi 25 scudetti, gli inghippi targati Turchia non finirono lì. Nel 1986 il sorteggio del secondo turno della Coppa dei Campioni l'oppose al Besiktas di Istanbul: il governo di Nicosia impedì alla squadra di scendere in campo contro rivali turchi, così il Besiktas passò il turno a tavolino, mentre l'Apoel fu squalificato per due stagioni (poi ridotte a una) dall'Uefa.