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Gente di calcio

Storie, ministorie e controstorie dei rimbalzi del pallone

Lo scudetto al miglior offerente

La classe di Tadeusz Pawlowski, sfortunato protagonista del ko che costò il titolo allo Slask

La classe di Tadeusz Pawlowski, sfortunato protagonista del ko che costò il titolo allo Slask

In Polonia domenica 9 maggio 1982 si gioca l'ultima giornata di campionato. In lizza sono rimaste due squadre: in testa c'è lo Slask Wroclaw con un punto di vantaggio sul Widzew Lodz. Lo Slask, rivelazione stagionale con un solo titolo in bacheca (1977), si è trovato anche a +4 sul Widzew, campione uscente. Al quart'ultimo round a Lodz i biancorossi di casa hanno vinto 2-1 in rimonta, salendo a -1 col vantaggio negli scontri diretti, decisivo in caso di parità.

Ti aspetti una volata a mille all'ora, invece succede letteralmente di tutto. Nel turno 28 la capolista fa il suo, battendo 2-0 il Gornik Zabrze, mentre il Widzew si suicida a Varsavia col Gwardia (1-0). Situazione di nuovo chiara: Slask 39, Widzew 36. Con la vittoria che vale ancora due punti, quasi una sentenza.

Sabato 1° maggio una rapida doppietta di Zbigniew Boniek consente al Widzew di timbrare la pratica col retrocedendo Arka Gdynia. A Mielec lo Stal, terzo in classifica con vista coppa Uefa, nega la festa allo Slask vincendo 3-1. Alla capolista resta un punto di margine con 90' da giocare. Il programma dell'ultima giornata offre Slask-Wisla Cracovia e Ruch Chorzow-Widzew: il Wisla è a metà classifica senza più stimoli; il Ruch non è matematicamente salvo, ma non ha bisogno del risultato se l'Arka nel frattempo non vince la sua partita.

La task force. La settimana che conduce al verdetto è febbrile. Il calcio polacco non è immune da scandali, e da pochi mesi - esattamente dal 13 dicembre 1981 - nel Paese vige la legge marziale dopo il golpe di Jaruzelski. Il giro di vite, che stronca il movimento operaio nato a Danzica con Lech Walesa, peggiora la già difficile quotidianità di un popolo povero.

Lo Slask è favorito, battere il Wisla sulla carta è una formalità. Ma l'inatteso ko di Mielec insinua insani dubbi nell'ambiente slesiano. Mentre il grosso della squadra va in ritiro a Sycow, una manciata di chilometri fuori città, quattro "senatori" restano in sede: secondo le ricostruzioni si tratta del bomber e capitano di lungo corso Tadeusz Pawlowski, del terzino Ryszard Sobiesiak, dell'attaccante Janusz Sybis e di uno tra Mieczyslaw Kopicki e Henryk Kowalczyk. Una scelta precisa della dirigenza, che la motiva così all'allenatore Jan Calinski: "Questa partita è troppo importante per giocarla solo sul campo". Il manipolo di giocatori serve ad "assicurarci che il Wisla non ci faccia del male", parole dello stesso Pawlowski. Calinski abbozza e non si oppone.

Mezzo milione. Il piano prevede di ammorbidire gli avversari offrendo denaro, che in quel momento circola assai poco, tra approvvigionamenti modesti, inflazione altissima e mercato nero florido. Piccolo particolare: lo Slask non ha soldi, bisogna trovarli. Ci pensano Pawlowski e il difensore Pawel Krol: un loro amico imprenditore presta la considerevole somma di 400mila zloty, che viene consegnata il venerdì prima del match al capitano avversario, Zdzislaw Kapka, amico di Pawlowski fin dalle nazionali giovanili.

Ma in quella il Wisla rilancia: i 400mila non bastano più. Così lo Slask si rimette al lavoro: i giocatori raccolgono come possono altri fondi, in una disperata colletta sui generis che frutta centomila zloty, incredibilmente recapitati a mano nei bagni dello stadio, pochi minuti prima della partita, dalla moglie di un giocatore dello Slask alla fidanzata di uno del Wisla. Quello che a Wroclaw non sanno è che nel frattempo anche il Widzew Lodz ha fatto la sua proposta al Wisla, molto più allettante: mentre Kapka trattava con Pawlowski, Iwan faceva lo stesso con i colleghi del Widzew, i quali offrivano di più, e forse pure in dollari, ben più ambiti dei deboli zloty.

A Wroclaw lo stadio Oporowska è strapieno - ventimila persone, forse 25mila, su spalti che potrebbero tenerne 15mila - e la gente si arrampica pure sugli alberi che circondano le tribune. L'appuntamento è storico e la festa è pronta, con cori e striscioni che non ammettono scaramanzie; fuori, in città, si prepara il banchetto celebrativo. A Chorzow invece contorno modesto, anche perché gli spostamenti massicci nel Paese blindato sono proibiti.

Il cuscinetto. Il piano del Widzew - che nella gara decisiva deve fare a meno di Boniek - è diabolico e ha un corollario importante: per controllare tutto serve un cuscinetto temporale, anche minimo. Ottenuto ad arte facendo iniziare la partita col Ruch in ritardo di otto minuti, sufficienti per gestire l'intreccio di risultati. Alle 17 spaccate sugli altri campi si gioca e il Wisla regge uno Slask che domina senza incidere: dev'essersi sparsa la voce che si scansano, inutile dannarsi. Intanto a Chorzow si consuma un brivido lungo un quarto d'ora, quello che intercorre tra il vantaggio del Ruch e il pronto pareggio del Widzew: poi più nulla, in attesa di scoprire cosa accade a Wroclaw e a Gdynia.

All'intervallo i match scudetto sono in parità e l'Arka perde: lo Slask così sarebbe campione (e il Ruch salvo). Ma nello spogliatoio monta la tensione, perché il Wisla è meno arrendevole del previsto: gli autori della combine predicano invano la calma e sostengono traballanti certezze, che crollano al 6' della ripresa, quando segna il Wisla in contropiede, con il difensore centrale Piotr Skrobowski su cross del nazionale Andrzej Iwan. Lo Slask e i suoi tifosi sono basiti. Comincia una disperata e rabbiosa rincorsa, ardua per lo stato d'animo poco lucido e la pugnacia inattesa dei rivali. In campo si tenta l'ennesima preghiera: Iwan, interrogato da Pawlowski, gli sfrega pollice e indice, spiegandogli che "se volete vincere dovete darci un milione", il doppio di quanto fin lì pattuito. La risposta: "Tutto quello che ho è il mio anello nuziale". 

Doppio colpo di scena. Lo Slask si butta avanti assediato dai fantasmi, senza trovare il gol della speranza, complice la gran giornata dell'estremo rivale Janusz Adamczyk. A sette minuti dalla fine entra in scena un altro protagonista, l'arbitro Alojzy Jarguz di Suwalki, uno quotato, che si dice alla vigilia abbia cenato con i dirigenti dello Slask: nella mischia sull'ennesimo calcio d'angolo vede una spinta ai danni di Roman Wojcicki e fischia il rigorino. Anni dopo negherà l'addomesticamento, ma confermerà le perplessità su tutto il resto: "Non avevo prove, ma stava succedendo qualcosa di strano: avevo il dovere di combattere eventuali combine, quindi appena potei assegnai il penalty".

È l'occasione della vita, la palla che vale la stagione: tocca al totem Pawlowski, che nel rendez vous del venerdì ha concordato con Kapka anche le eventuali modalità di trasformazione, segno che forse sapeva dell'appoggio della giacchetta nera. Mentre si prepara a calciare gli sguardi dei due vecchi amici si incrociano con un cenno di intesa: così l'esecuzione ricalca quanto preparato a tavolino. Peccato che Adamczyk pari agevolmente il tiro, indirizzato in basso a sinistra come da copione.

"Il rigore sbagliato dimostra che Pawlowski fu tradito da Kapka e credeva nella buona fede degli avversari fino alla fine - ha osservato poi l'allenatore Calinski - Non mancava molto, ma sono convinto che se avessimo pareggiato poi avremmo anche segnato il gol della vittoria. Sono pure sicuro, però, che se da noi fosse finita pari il Widzew avrebbe vinto a Chorzow".

Il paradosso. Finisce così, con lo stadio ammutolito, i tifosi inferociti, lo Slask interdetto, il Widzew campione per gli scontri diretti e i furbi doppiogiochisti del Wisla a contare i tanti soldi incassati da vincitori e sconfitti: contanti senza alcuna tracciatura, come da abc del perfetto imbroglio, spartiti già nell'immediato dopogara.

A freddo il centrocampista dello Slask Ryszard Tarasiewicz ha aggiunto un ulteriore terribile sospetto: "Può essere che qualche mio compagno si sia venduto lo scudetto: qualcuno di noi dopo la partita andò al party nell'albergo del Wisla, e nei giorni seguenti ci fu chi si comprò la macchina nuova. Nel caso, avranno fatto qualche soldo, ma hanno perso l'occasione unica di entrare nella storia". Al Wisla non hanno mai ammesso il fattaccio, né la federazione polacca ha mai indagato.

Il dopo. Il Widzew copre la spesa con la proficua cessione di Zibì Boniek alla Juventus, e anche senza il gioiello nella stagione 1982/83 tocca il punto più alto della sua storia, la semifinale di coppa dei Campioni persa con la stessa Juve. I protagonisti di quella volata drammatica si ritrovano subito in nazionale: nella Polonia che al Mundial di Spagna fa un figurone, arrivando terza, ci sono 4 elementi del Widzew, 3 del Wisla e uno dello Slask.

E il povero Pawlowski? Le lacrime inconsolabili negli spogliatoi sono solo il prologo di un prosieguo travagliato. Non si riprenderà mai dallo choc: da giocatore simbolo retrocede a zimbello e bersaglio di un'intera città, tra minacce personali, vandalismi assortiti (gli bruciano l'auto), perfino bullismo sui figli a scuola. Qualcuno - anche in società - lo accusa di aver sbagliato il rigore apposta: un assurdo ribaltamento della realtà che gli costa una doppia punizione. In estate salta il previsto trasferimento in Francia, al Lens, per improvvisi e mai chiariti intoppi burocratici (sparisce il passaporto). E nella nuova stagione perde sia i gradi di capitano che il posto da titolare. Un anno dopo riesce finalmente a cambiare aria, andando in Austria, dove a fine carriera diventa allenatore di mediocre successo. Alla lunga fa pace con l'ambiente, dirigendo a più riprese la prima squadra dello Slask. Non ha mai più parlato con l'ex amicissimo Kapka.

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In atti di onestà,<br /> Agli occhi dei testardi
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