1 Agosto 2019
Sabato 2 maggio 1953 si gioca a Wembley la finale dell'edizione numero 72 della FA Cup, il torneo di club più antico e prestigioso del mondo. Di fronte due outsider: il Blackpool sta vivendo il suo periodo d'oro, ma si è sempre incartato al momento di passare alla cassa, fermandosi al terzo posto in campionato nel '51 e alle due finali di coppa perse nel '48 e ancora nel '51; i Bolton Wanderers sono finiti tre volte nell'albo d'oro, ma nei lontanissimi anni '20.
Il Bolton, bacheca per il resto desolante, è abbonato alla metà classifica e deve la grande popolarità a un fatto extrasportivo: durante la guerra i suoi tesserati hanno rinunciato all'ombrello generoso riservato agli atleti professionisti e si sono arruolati volontariamente. Hanno combattuto in Francia, Egitto, Iraq e Italia: sono partiti in 15, non è tornato solo il capitano Harry Goslin, centrato da una scheggia sul fronte italiano a Natale del '43.
Centomila spettatori, sul palco reale Elisabetta II, fresca di ascesa al trono, e il consorte Filippo, che sbriga i convenevoli prepartita. Poi si gioca: pronti via e il risultato cambia, in un'azione che anticipa il refrain della partita. Dopo 75 secondi un destraccio senza pretese Nat Lofthouse, la stella del Bolton, bomber di razza atteso alla consacrazione di un grande trofeo, viene clamorosamente ciccato dal portiere Farm, che manca la presa e accompagna il pallone nel sacco.
Agonismo e papere. La gara, emozionante e senza respiro, è scandita dagli strafalcioni, figli probabilmente di tensione e foga agonistica. Il Bolton colpisce un palo (sempre Lofthouse), non accusa il momentaneo pareggio di Mortensen, torna in vantaggio ancora con la gentile collaborazione di Farm e subito dopo l'intervallo cala il tris. Lo segna un infortunato, lo zoppicante Bell, vittima di un guaio muscolare alla coscia, messo all'ala come si usava nell'era pre sostituzioni: potrebbe essere questa la favola del giorno. Sotto di due gol a mezz'ora dalla fine, il Blackpool rivede fantasmi già noti e cova il sospetto della maledizione.
Allora ci pensa lui. Se guardi il tabellino dici: certo, Mortensen, autore di una tripletta, impresa mai più ripetuta nelle finali di FA Cup. Sbagliato: questa passa alla storia come the Matthews final, caso forse unico di uomo che decide la partitissima senza fare gol. Stanley Matthews ha 38 anni, è considerato il miglior fuoriclasse nella nobile storia del calcio inglese, ma non ha mai vinto niente, né con i club, né con la nazionale. Ala destra straordinaria, devi solo seguirlo: lui saprà come servirti. Mancano 20 minuti alla fine quando comincia il suo show. Sulla sua fascia punta lo stopper Barrass, lo ubriaca, anticipa il raddoppio di Wheeler e scocca un traversone sul quale il portiere Hanson esce malissimo, regalando a Mortensen il più comodo dei tap-in. Fortuna? Sì, ma in soccorso agli audaci.
I complici. Il Blackpool, trascinato dal suo fenomeno, si insedia nella metà campo altrui, crea molto ma senza successo: quando tutto sembra finito e le forze languono, proprio all'ultimo minuto, Mortensen legittima l'hat-trick con una perla su punizione, stavolta senza coprotagonisti. Calcia sul palo che dovrebbe coprire una barriera messa maluccio: palla nel sette e partita raddrizzata.
L'idea dei supplementari non deve solleticare granché il Blackpool, che è stanchissimo ma ha l'inerzia tecnica e psicologica in pugno, mentre il Bolton è alle corde. Matthews capisce tutto e insiste: al minuto 92 si burla del terzino Banks e centra basso per Perry, che non fallisce un vero rigore in movimento. Un attimo dopo l'arbitro, l'insegnante gallese Griffiths, fischia la fine.
La favola allora è di Stanley Matthews: sale i gradoni di Wembley per ricevere "solo" una medaglia, ché la coppa la alza il capitano Johnston. Lo portano in trionfo insieme a Mortensen, artefici-complici di un'impresa iscritta seduta stante nella storia. La straordinaria audience televisiva e radiofonica di una finale epica segna uno spartiacque epocale per il football dei maestri: da quel giorno, ogni evento di simile livello viene trasmesso in diretta integrale dalla Bbc.
Matthews rimane al Blackpool fino al 1961: il miglior risultato è il secondo posto in campionato del '56, anno in cui vince il Pallone d'Oro. Poi chiude il cerchio allo Stoke (nel '65, a 50 anni!) e gira il mondo per insegnare calcio ai dilettanti: predilige l'Africa povera, dove spende lunghi periodi dell'anno. Diventa il primo calciatore insignito del titolo onorifico di sir (1965) e uno dei primi testimonial famosi della dieta vegetariana e dell'astinenza dagli alcolici. Muore nel 2000. Una leggenda che - pazzesco - in carriera ha vinto un solo titolo sul campo: la coppa del '53, nella finale ancora oggi considerata la più bella di sempre.