Storie, ministorie e controstorie dei rimbalzi del pallone
14 Marzo 2018
Il 1933 non è un anno qualsiasi in Uruguay. Sullo sfondo di una crisi economica globale pesantissima, la "Svizzera del Sudamerica" oscilla tra l'antico dell'ennesimo colpo di stato militare, guidato da Gabriel Tierra il 31 marzo, e il futuro della legalizzazione dell'aborto, sancita il 4 dicembre nel quadro del nuovo codice penale, commissionato dalla dittatura al giurista José Irureta Goyena.
All'ottovolante emotivo non si sottrae lo sport nazionale, il calcio, che accalappia le masse nel piccolo Paese campione del mondo in carica, che tre anni prima ha ospitato la prima Coppa Rimet della storia. Il derby infinito per la supremazia tra le grandi della capitale, il Peñarol giallonero - proletario, nato in seno alle ferrovie e così battezzato perché alcuni soci erano emigranti piemontesi giunti colà da Pinerolo - e il Nacional biancorossoblù - borghese, fondato da studenti e a lungo precluso agli stranieri - scrive il capitolo più incredibile di una storia affascinante.
Parità e ricorsi. Il campionato, giocato tra aprile e dicembre da dieci squadre, tutte di Montevideo, è talmente battagliato da non avere un vincitore. Dopo le 27 gare del triplo girone all'italiana comandano a braccetto gli eterni rivali: 46 punti, due sconfitte per il Peñarol (al debutto col Rampla Juniors, che infine giunge terzo con abissale distacco, e nel primo dei confronti diretti col Nacional) e una sola per il Nacional (nel derbissimo della terz'ultima giornata, che potrebbe certificarne il trionfo e invece rimescola tutto). Bisogna fare lo spareggio.
Sì, ma quando? Il problema non sono i calendari ingolfati di oggi: il problema sono i rapporti tesi tra i club, per cui tutti cercano di arrivare con ogni mezzo, fuori dal campo, a ciò che non ottengono in campo. Il campionato testé concluso è sub judice poiché vengono presentati alla federcalcio uruguayana due ricorsi: uno del Peñarol e uno del River Plate.
Contestano entrambi presunti errori degli arbitri: vige infatti la bizzarra abitudine di ripassare al vaglio della commissione federale le decisioni maturate in presa diretta, se del caso addirittura cambiandole a posteriori. Nessuno, al fischio finale, ha mai la certezza del risultato: l'omologazione arriva solo dopo questa assurda revisione, una specie di Var postumo senza immagini, basato sulla parola, sulle sensazioni e sul peso politico, che spesso va in scena molto tempo dopo gli eventi.
Così il Peñarol cerca di vincere lo scudetto a tavolino, chiedendo la convalida del gol annullato dall'arbitro Aphesteguy nel match perso 2-1 col Sud America; il River, analogamente, recrimina sulla sconfitta di misura per mano dello stesso Peñarol. La federazione respinge il primo reclamo ma accetta il secondo: fa comicamente rigiocare a distanza di mesi gli ultimi due minuti della partita, che non ne cambiano l'esito. Resta la parità, resta la necessità di spareggiare.
La partita della valigia. La ricerca di una data è ardua, gli arcirivali non trovano un accordo. Passa il tempo, inizia addirittura un altro campionato e poi, finalmente, si risolve la questione aperta. Appuntamento domenica 27 maggio 1934, lo stesso giorno in cui al di qua dell'Atlantico inizia il Mondiale italiano, al quale l'Uruguay detentore, pur invitato, non ha aderito.
Allo stadio Centenario, davanti a soli 42mila spettatori (ne contiene più del doppio), si sfida il meglio del calcio di quelle latitudini e forse del mondo: tra i 22 protagonisti ben sei iridati di quattro anni prima. Il protagonista della giornata è l'arbitro Telesforo Rodriguez, designato dopo un estenuante slalom tra i veti incrociati: giovane, inesperto, pescato nella Liga Ferroviaria semidilettantistica, si trova con gli occhi della nazione puntati addosso. Deve assolvere un compito gravoso, molto più grande di lui.
Sullo 0-0, al 20' della ripresa, l'episodio che fa tracimare la tensione. Il brasiliano del Peñarol Joao Bahia Almeida, servito da Mata, tira verso la porta, la palla sibila a lato del palo ma incoccia nella borsa che il medico del Nacional, Juan Kirschberg, ha scordato a bordocampo dopo un intervento di soccorso: rimbalza sulla valigetta e torna nel rettangolo di gioco, dove il più lesto a raccoglierla è Braulio Castro, che da due passi la mette in rete.
Rodriguez fa un gesto ambiguo, che i più interpretano come la convalida del punto. I giocatori del Nacional, imbufaliti, lo circondano e lo aggrediscono fisicamente. Il giovane fischietto ha la peggio e busca un sacco di botte: quando torna la calma espelle ben tre tricolori, Nasazzi, Chifflet e Labraga. Poi va a farsi medicare in ospedale e lascia il comando delle operazioni al guardalinee Luis Sandroglio. Costui, disorientato e altrettanto inadeguato alla circostanza, si guarda attorno e non gli pare vero di poter sospendere la gara per la sopraggiunta oscurità. Secondo alcune fonti, più tardi Rodriguez svela che il gesto incriminato non era per concedere il gol, bensì un calcio d'angolo. Passa alla storia come "Clàsico della valigia".
Nove contro undici. Occorrono più di due mesi alla federazione per decidere il da farsi: il 30 luglio arriva la decisione ufficiale, che bastona un po' tutti. Viene dichiarato nullo il gol truffaldino di Braulio Castro; vengono squalificati Nasazzi (un anno) e Chifflet (15 mesi); viene graziato Labraga; viene punito anche il pilatesco Sandroglio (tre mesi di stop). Cosa più importante: la partita va ripresa dal 25' del secondo tempo, sullo 0-0, con una rimessa da fondocampo e il Nacional ridotto in nove giocatori, in data da definirsi, a porte chiuse.
Si riparte il 25 agosto, giorno del 111° anniversario dell'indipendenza dell'Uruguay, nell'enorme Centenario deserto, stavolta agli ordini di un arbitro esperto, Domingo Lombardi. Il protagonista stavolta è l'allenatore ungherese Americo Szigeti, che schiera per il Nacional nove uomini disposti a tutto pur di proteggere la porta di Eduardo Garcia: l'inedito 2-3-3 mette in imbarazzo i rivali ed erige un bunker che si rivela inespugnabile. I gialloneri le provano tutte, senza trovare varchi: il Nacional fa un capolavoro tattico e caratteriale, col passare del tempo prende coraggio e finisce per avere pure l'occasione migliore, un clamoroso palo colto da Andreolo in transizione. Il risultato non si sblocca entro il 90' e non varia neanche nei successivi due tempi supplementari di mezz'ora ciascuno. Quegli eroici 80 minuti in trincea entrano seduta stante nella leggenda del club tricolore. Viceversa, in casa Peñarol montano la disperazione e il senso di impotenza.
Buona la quarta. Per assegnare il titolo serve una nuova partita: si rigioca quasi subito, il 2 settembre, ma anche stavolta la fumata è nera. Altre due ore e mezza - 90' regolamentari e 60' di overtime - senza segnature: pare una maledizione. Ci si riprova due mesi più tardi, il 18 novembre: nel frattempo sono andati in scena altri derby e larga parte del campionato 1934, che finisce nella bacheca del Nacional.
Il quarto tentativo è quello buono: la carestia diventa improvvisamente abbondanza in una gara emozionante e ricca di colpi di scena. Fioccano i gol: vince il Nacional, trascinato dal suo fuoriclasse Hector Castro, detto el Manco perché privo di una mano, persa da adolescente lavorando alla sega elettrica. Due volte costretti a inseguire, i tricolori ribaltano e trionfano con un 3-2 tutto firmato da Castro. Pochi giorni dopo viene graziato el Mariscal Nasazzi, capitano e uomo simbolo dei neocampioni, abilitato a tornare in campo l'8 dicembre.
Il seguito. Nacional e Peñarol si spartiscono più o meno equamente tutti i titoli dei decenni successivi: le poche eccezioni sono firmate Defensor, Danubio (entrambe con 4 scudetti), Central Español, Progreso, Bella Vista (un trionfo ciascuna). La divisione in Apertura e Clausura, adottata dal 1994, ha moltiplicato i campioni parziali ma non la sostanza dell'albo d'oro ufficiale.
Ci sono stati molti altri derby all'ultimo sangue: la casistica ufficiale ne conta 537, il primo nel 1900. Di questi, 23 sono stati spareggi o finali per il titolo, 13 sono stati sospesi per incidenti, due sono stati cancellati per la rinuncia del Nacional, altri due sono stati interrotti perché le espulsioni in serie avevano ridotto le squadre sotto il numero legale. Ma mai, prima e dopo, una sfida ha coinvolto e diviso il Paese come il Superclasico infinito del campionato 1933.