28 Gennaio 2019
Sabato 8 maggio 1982 è un giorno storico per lo Standard Liegi: torna a vincere il titolo belga dopo undici anni di un'astinenza appena lenita dalla coppa nazionale conquistata nella stagione precedente. La festa scatta grazie alla vittoria casalinga per 3-1 sul Waterschei nell'ultima partita di campionato: l'Anderlecht, rivale temuto per il grande potere tecnico e politico, chiude due punti sotto.
I numeri certificano la legittimità del trionfo: i biancorossi hanno il miglior attacco, guidato dal tulipano nero Simon Tahamata, e la terza miglior difesa, imperniata sul portiere Michel Preud'Homme e sui terzini Eric Gerets e Walter Meeuws, tutta gente di livello internazionale. Tra i protagonisti del trionfo altri due olandesi scippati proprio all'Anderlecht nel mercato estivo 1981: Arie Haan e Johnny Dusbaba cambiano fronte per ribaltare le gerarchie. Anche gli scontri diretti parlano chiaro: lo Standard batte i malva all'andata (2-0) e li ferma a domicilio al ritorno (1-1).
Squadroni. Per soppesare il livello altissimo della lotta, si pensi che entrambe in quell'annata arrivano in fondo alle rispettive coppe europee: la squadra della capitale viene eliminata in semifinale di coppa Campioni dai futuri re d'Europa dell'Aston Villa, mentre i biancorossi disputano la finale di coppa Coppe col Barcellona.
L'ultima partita, quella della passerella vittoriosa in uno Sclessin stracolmo e ubriaco di gioia a lungo repressa, non ha controindicazioni di sorta: il Waterschei non ha più nulla da chiedere al campionato ed è già proiettato al vero obiettivo stagionale, la finale della coppa del Belgio in agenda di lì a pochi giorni. Contro rivali così tranquilli allo Standard basta un punto, eppure nei giorni della vigilia nell'ambiente vallone si insinua un tarlo maligno che annebbia vista e mente.
L'allenatore Raymond Goethals, sigaretta perennemente accesa e metodi garibaldini, passa per guru ma ha un palmares scarno; ed è stato all'Anderlecht, di cui conosce i sistemi alternativi per garantirsi i risultati. In soldoni: teme che l'Anderlecht aggiusti tutto a proprio favore. Ha questo dubbio dallo scontro diretto di Bruxelles, il cui arbitraggio ha generato polemiche assortite: l'esito della stagione dipende solo dai valori del campo?
Pastetta a buon mercato. Goethals annusa la beffa e perde la testa: chiede al suo presidente di comprare l'ultima partita. "Se non lo facciamo noi lo faranno loro", ripete come un mantra. La via per ammorbidire i limburghesi è questa: il capitano Gerets deve contattare gli avversari che conosce, come il fratello del nazionale Plessers, suo vicino di casa, e il capitano Janssen, il suo migliore amico. L'accordo prevede che lo Standard vinca con due gol di scarto e la somma pattuita è ridicola, come tutta la costruzione: poco più di 400mila franchi belgi, al cambio odierno meno di 20mila euro, quisquilie per un calciatore anche 37 anni fa.
Il giovedì precedente la partita tutti, allo Standard, sanno della combine. C'è chi non ci sta: Haan cerca di convincere Gerets a lasciar perdere, invano. Si gioca e mentre il portiere giallonero, il tedesco Pudelko, evidentemente all'oscuro, para tutto, gli altri si allineano ai patti. Lo Standard vince 3-1 e festeggia lo scudetto. Haan sul 2-0 chiede il cambio, blanda forma di dissociazione dall'inutile complotto.
Come Icaro. Il mercoledì seguente lo Standard gioca la finale di coppa Coppe al Nou Camp contro il Barcellona padrone di casa, e la perde negli ultimi minuti dopo essere stato in vantaggio, complice l'arbitro tedesco Eschweiler, che convalida il gol decisivo dopo una furbata dei blaugrana. Il Waterschei dal canto suo il 23 maggio vince la coppa del Belgio: 2-0 al Waregem nella finale dell'Heysel, doppietta dell'islandese Gudmundsson.
Lo Standard bissa il titolo l'anno seguente, stavolta comodamente e senza macchia alcuna; poi scoppia lo scandalo e la favola diventa incubo. Dall'ottobre 1983 il giudice Guy Bellemans comincia a indagare sui fondi neri dei club belgi, un'antica abitudine di tutti. Si imbatte in un quaderno "non ufficiale" di proprietà del patron dello Standard, Roger Petit, in cui trova le tracce inequivocabili della somma di denaro messa senza apparente motivo nelle mani di Goethals. In febbraio partono gli interrogatori e si scopre la combine: Petit ammette tutto e si dimette dopo 53 anni trascorsi nel club, Goethals ammette i soldi sottobanco ma non la loro destinazione, e scappa in Portogallo, dove per un anno allenerà il trascurabile Vitoria Guimaraes.
Falcidiati. Le sanzioni sportive, irrogate il 2 aprile 1984, sono pesanti: radiati Petit e Goethals, squalificati per periodi più o meno lunghi sette giocatori dello Standard e due del Waterschei. La nazionale belga, tra le favorite dell'imminente Europeo francese, perde molti pezzi da novanta e va incontro a un fiasco imprevisto. Gerets viene licenziato dal Milan, dove nel frattempo si è accasato. Lo Standard salva lo scudetto per la prescrizione, ma passa dal punto più alto a quello più basso: conclude il campionato 1983/84 schierando i ragazzini e piomba in gravi difficoltà finanziarie, che lo costringono a chiudere tutte le altre sezioni (rugby, hockey, tennis, basket) della sua storica struttura polisportiva.
E Goethals? Gira l'Europa e nel 1993 diventa il più anziano allenatore a vincere la coppa dei Campioni, battendo 1-0 il Milan con il Marsiglia nella finale di Monaco. Ma non perde il vizietto: è impelagato in quello stesso anno mani e piedi in una vicenda clamorosamente identica, l'inutile aggiustamento dell'ultima partita di Ligue 1 a Valenciennes. Una vergogna che segna la fine della scalata dell'Olympique e del suo discusso patron Bernard Tapie.
Guarda un documentario di Belga Sport sull'affaire Waterschei (in fiammingo): parte 1
Guarda la sintesi della finale di coppa Coppe Barcellona-Standard
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