17 Giugno 2017
In principio era una cosa quasi carbonara, artigianale, testimoniata da pochi addetti ai lavori e allestita dove capitava. Poi il sorteggio dei Mondiali è diventato uno show a uso e consumo delle tv, con ospiti di grido - dapprima a tema, poi sempre più profani - e l'essenziale, cioè il rito delle palline, ridotto quasi a fastidioso contorno.
Il primo tabellone della fase finale fu composto a Montevideo, nella sede della federcalcio uruguayana, il 10 luglio 1930, due giorni prima del via del torneo: un last minute dovuto all'incertezza regnata fino all'ultimo sulle squadre partecipanti. Fino al 1970 le sedi furono alberghi o stanze delle autorità: con la sola eccezione dell'8 febbraio 1958, quando per la prima volta l'evento ebbe luogo in uno studio televisivo, a Stoccolma, con trasmissione urbi et orbi nei (pochi) Paesi collegati. Ma l'eco mediatica rimase modesta: nell'audience il sorteggio non faceva ancora concorrenza al Mondiale giocato sul campo.
Tv e principe. Qualcosa cominciò a cambiare nel 1974: il rito propedeutico all'edizione tedesca occidentale, in agenda sabato 5 gennaio alle ore 21, trovò casa nel salone della radio di Francoforte, riuscì fastoso per la spartane abitudini dell'epoca e fu irradiato in mondovisione. Il fuso penalizzò la cerimonia di Buenos Aires, che sabato 14 gennaio 1978 si tenne all'interno del Teatro San Martin e andò in onda in diretta alle 22 in Europa.
La composizione dei gironi fece un salto di qualità in Spagna, dove le squadre salirono da 16 a 24, proiettando la massima rassegna calcistica nella modernità. Il sorteggio fu programmato per le ore 19 di sabato 16 gennaio 1982 nel salone del Palazzo dei congressi di Madrid: erano collegate le tv di più di 50 Paesi, più varie radio. C'era un ospite di lusso: il principe ereditario Felipe di Borbone, 14enne già atteggiato, mandato da re Juan Carlos a rappresentare la real casa e gratificato di prima fila, applausi dei convenuti e generose inquadrature della regia. Il Mundial, del resto, era fondamentale per l'immagine del Paese, a soli sette anni dalla fine del franchismo: l'aveva ottenuto proprio la dittatura, il 6 luglio 1966 a Londra, grazie a un accordo di... spartizione con la Germania Ovest, che rinunciò a correre per l'edizione '82 in cambio dell'appoggio iberico per il '74.
Sudamericane divise. Sarà stata l'inedita mondanità, sarà stata l'accresciuta attenzione dell'opinione pubblica, sarà stata la tensione: fatto sta che la cerimonia inciampò in più di una gaffe. Le teste di serie - designate dopo lunghe trattative - oltre ai padroni di casa erano le nazionali iscritte all'albo d'oro, cioè Argentina, Brasile, Germania Ovest, Italia e Inghilterra: mancava solo l'Uruguay, che non si era qualificato. Le altre 18 formazioni erano state divise in tre fasce, con l'unico paletto di evitare incontri tra le sudamericane al primo turno. Quindi nelle riunioni preparatorie si era stabilito di estrarre subito due europee da abbinare ad Argentina (gruppo 3) e Brasile (gruppo 6), e poi di inserire nell'urna della terza fascia i bussolotti di Cile e Perù. Ma al dunque il già immancabile svizzero Sepp Blatter - al debutto da anfitrione, ruolo che rivendicherà per molto tempo - e il mammasantissima tedesco Hermann Neuberger, che guidavano le operazioni, snobbarono la clausola, dando luogo all'errore più goffo e celebre nella storia del sorteggio iridato. Che non fu nemmeno isolato.
Il tutto proprio nell'unica occasione in cui alle mani umane - spesso tacciate di partigianeria, ancorché appartenenti a innocenti fanciulli - si era preferito un complesso sistema meccanico. I bussolotti a forma di pallone giravano vorticosamente nelle grandi ceste a tamburo normalmente usate per le estrazioni del lotto; poi una pallina cadeva nel tunnel posto alla base dell'urna e veniva raccolta da ragazzini del collegio di San Ildefonso, incaricati nel resto dell'anno, fin dal 1812, di effettuare ogni settimana l'estrazione del lotto. I pargoli in livrea, esperti del compito, finalmente la consegnavano al tavolo. Insieme alla squadra veniva pescato, con la stessa procedura, un numero, corrispondente alla posizione da assegnare nel tabellone.
Pasticcio e correzione. Blatter e Neuberger spiegarono perfettamente agli astanti le modalità, ma se le scordarono subito. Venne estratto per primo il Belgio, che però, invece di finire di default nel girone dell'Argentina, venne frettolosamente assegnato al gruppo 1 dell'Italia. A seguire la Scozia, invece di precipitare direttamente nelle fauci del Brasile, venne piazzata al numero 10, casualmente con i campioni in carica.
Un pasticcio, del quale per fortuna qualcuno si rese immediatamente conto. Mentre già le urne si apprestavano a riprendere a girare, tutto fu bloccato e la situazione fu sanata in fretta e furia, non senza grave imbarazzo, nel brusio di ilarità e sconcerto della sala. Si poteva ripetere tutto - forse sarebbe stato meglio, di sicuro sarebbe stato facile, poiché si era appena iniziato - invece si decise di spostare semplicemente il Belgio al numero 10, con l'Argentina, e la Scozia alla posizione 23, col Brasile. A quel punto le disposizioni speciali erano rispettate e si poté andare avanti più o meno celermente nella composizione del tabellone. All'Italia toccò il Perù, primo sorteggiato dopo il pasticcio, al quale fu rifilata d'ufficio la posizione originariamente estratta per il Belgio.
Palline ribelli. Non fu il solo impiccio. Si aprirono a tradimento, nell'urna, i bussolotti di Honduras, Austria e Cecoslovacchia, mentre s'incastrò all'uscita quello dell'Ungheria: altri stop, con gli inservienti che affannosamente ficcavano le mani nelle ceste e rassettavano le palline. Alla fine, manco a dirlo, i più soddisfatti furono gli spagnoli, la cui modesta nazionale ebbe in sorte un girone facile facile: al dunque, però, la Spagna ebbe bisogno di robuste spinte arbitrali per eliminare Honduras e Jugoslavia.
All'indomani della cerimonia, la stampa mondiale bersagliò gli organizzatori di feroci polemiche. Critiche rispedite al mittente, in uno stucchevole palleggio di responsabilità tra Fifa e federazione iberica. Pur nato col piede sbagliato, il Mundial di Spagna riuscì tra i più spettacolari di sempre, mantenendo le promesse e superando le premesse. Lo ricordano tutti con piacere, non solo noi italiani che lo vincemmo.